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Ciao Cristiano. Ti chiedo due righe su di te, chi sei e di che cosa ti occupi, per introdurti ai nostri lettori.

Ciao Mauro e ben trovati a tutti i tuoi lettori. Sono un medico di medicina generale e mi occupo di problematiche di fine vita, ovvero di come comportarsi da un punto di vista etico nei confronti dei malati terminali. Mi sono reso conto che in questo campo la medicina non ha delle direttive ben decodificate arrivando al paradosso che si possono prendere decisioni differenti di fronte allo stesso caso clinico. In questo senso sono stato il responsabile scientifico e moderatore del “Primo Simposio Nazionale sulle Decisioni di Fine Vita: quale il ruolo della desistenza terapeutica” tenutosi a Mestre nel maggio 2008 e sto organizzando il seminario “Dagli hospice al volontariato: il cammino del fine vita” che si terrà a Mestre il 7 febbraio 2009 in collaborazione fra Comune di Venezia ed Ordine dei Medici della Provincia di Venezia.

Partiamo dalla primavera di quest’anno, quando alla nostra associazione perviene l’invito per il primo simposio nazionale sulle decisioni di fine vita. Perché un simposio su questo tema? Quali percorsi si sono delineati in conclusione dell’evento?

Il Simposio è nato proprio perché da parte dell’Ordine dei Medici della Provincia di Venezia si è sentito il bisogno di iniziare ad affrontare il tema delle decisioni di fine vita in una maniera strutturata e non dispersiva come era avvenuto fino a quel momento. Abbiamo voluto quindi coinvolgere figure con varie professionalità e di campi diversi per aver modo di valutare la questione sotto vari aspetti. La cosa più rilevante è stata la sostanziale unanimità dei vari relatori nel riconoscere l’importanza della desistenza terapeutica nel campo delle problematiche di fine vita.

Parliamo di desistenza terapeutica, un termine di uso non comune. Puoi quindi spiegarci meglio di che cosa si tratta?

Il termine desistenza terapeutica è stato mutuato dall’Anestesia-Rianimazione, ambito della medicina in cui per primo si è sentito il bisogno di affrontare queste problematiche in maniera globale. In questo settore infatti è molto più pressante e drammatico il problema delle decisioni di fine vita nei confronti di un paziente morente. Il concetto di desistenza terapeutica trova il suo fondamento sull’etica dell’accompagnamento che indirizza il professionista sanitario al modo in cui si deve assistere il malato terminale. Desistere vuol quindi dire accompagnare questo tipo di pazienti verso la fine dando loro la migliore terapia del dolore e di supporto vitale, creando un rapporto medico-paziente chiaro ed efficace che riesca anche a decodificare le loro esigenze, costruendo inoltre una relazione positiva con la famiglia.

Le cronache hanno recentemente portato alla ribalta il “caso Englaro”. In questi momenti il dibattito pubblico si sofferma sulle questioni cosiddette etiche, il testamento biologico, prese di posizione ferme. Cosa c’è che non funziona in questo meccanismo? Come si pone l’Associazione Italiana per le Decisioni di Fine Vita?

Il problema alla base delle discussioni a cui ho partecipato o che ho ascoltato riguardo al caso Englaro o più in generale sulle decisioni di fine vita è che non si arriva mai a nulla di costruttivo. Questo perché si usano sempre i termini eutanasia ed accanimento che sono già unanimamente riconosciuti essere negativi ed improponibili nella nostra realtà sociale. Mancano i punti di riferimento ed un codice con cui confrontarsi. Ecco perché AIDeF, che crede fermamente nel diritto costituzionalmente riconosciuto di autodeterminarsi di ogni essere umano, sostiene e valorizza il concetto di desistenza terapeutica poiché lo riteniamo l’unico in cui tutti si possano riconoscere. È chiaro che la sua definizione è un percorso in cui c’è bisogno di un ampio contributo per arrivare ad una descrizione completa del termine.

Durante un ApiFocus del mese di settembre, grazie alla collaborazione dell’amico Maurizio Bortali di ALEA Ca’ Foscari, molti di noi hanno compilato il questionario individuale socio-organizzativo. Che risultati stanno emergendo da questa vostra analisi?

Il progetto del questionario sul fine vita da far compilare ad imprenditori e direttori è nato in quanto i Presidenti di ALEA e Salone d’Impresa si sono resi conto dell’estremo interesse e della completa novità che vi era nel capire l’impatto delle problematiche di fine vita all’interno del clima aziendale. In questo senso è stata coinvolta AIDeF come supervisore scientifico e abbiamo come partner il Comune di Venezia e l’Ordine dei Medici della Provincia di Venezia. Anche se presenteremo i risultati finali al “Secondo Simposio Nazionale sulle problematiche di fine vita” che si terrà a Mestre il 16 maggio 2009, ti posso già anticipare che la richiesta più forte ed immediata che viene dai questionari è legata al bisogno di formazione per affrontare meglio questi eventi all’interno delle aziende.

Realtà aziendale e problematiche di fine vita. Due mondi all’apparenza completamente estranei tra loro. Ma ci sono a tuo avviso dei possibili punti di contatto?

Sono d’accordo con te nel pensare che siano due mondi all’apparenza completamente estranei tra loro. Sappiamo che ogni realtà aziendale è il risultato di una propria cultura e dal clima organizzativo esistente. Un’azienda è formata da persone che trascorrono più tempo al lavoro che a casa propria ed è inevitabile che al suo interno ci si ritrovi ad affrontare problematiche di fine vita. Quindi a mio parere prestare attenzione e sensibilità a queste problematiche consente di raggiungere maggiore efficienza ed efficacia in ogni realtà lavorativa. Devo inoltre dirti che all’inizio del progetto qualcuno pensava che il fine vita non interessasse alle imprese, perché più interessate al mondo economico, ma questo punto di vista è stato subito cancellato dai primi risultati dei questionari.

Il senatore prof. Ignazio Marino sta raccogliendo le firme per sostenere la libertà di cura. Puoi spiegarci meglio di cosa si tratta e perché è importante sottoscrivere l’appello?

Sul sito www.appellotestamentobiologico.it è presente un appello a cui hanno aderito già più di 25 mila persone, che vuole essere un forte richiamo agli organi istituzionali perché finalmente affrontino il problema del testamento biologico. Per farti capire la grande confusione che regna, devi sapere che in Parlamento sono depositati ad oggi dieci progetti di legge su questo tema senza che nemmeno uno sia mai stato discusso e quindi reso esecutivo.

Cristiano, ci puoi dare qualche indirizzo utile nel web per chi volesse approfondire l’argomento?

Non posso che invitare i tuoi lettori a navigare sul sito www.desistenzaterapeutica.it che è il punto di riferimento per questi argomenti e lo dimostra il fatto che ha recentemente superato i 100 mila contatti dopo nemmeno un anno di vita.